martedì 18 dicembre 2007

Clark - Kalabrese and the Rumpelorchestra @ Auditorium


Eccoci di nuovo qui con il terzo appuntamento del Meet in Town, il festival mensile organizzato all'Auditorium Parco della Musica da Snob Production in collaborazione con la Fondazione Musica per Roma. Diciamo subito che è stato un piacere tornare qui al teatro studio per la prima di queste due belle serate dicembrine, quella che ha avuto come protagonista la performance live di Chris Clark e che si conclusa con l'esibizione di Kalabrese + Rumpelorchestra.

Arriviamo poco dopo le 21, e dopo essere passati a ritirare il pass ed aver fatto la conoscenza della bella Serena dell'ufficio stampa Snob Production, ci rechiamo immediatamente presso il teatro studio passando davanti ai resti del banco del rinfresco organizzato per i "mattinieri" e allo spazio allestito per le video installazioni e le sonorizzazioni del progetto R.O.M.A. che accompagnano ogni serata del M.I.T. L'atmosfera della sala è quella rilassata a cui siamo ormai abituati, con le persone accorse accoccolate sul parquet o sui divanetti in fondo alla sala, oppure in piedi nei pressi del bar a sorseggiare un cocktail, mentre sui tre schermi giganti vengono proiettati i video di Videominuto.
Il palco è già allestito, ed oltre al laptop, effetti e controller vari sono presenti sulla piattaforma anche un synth ed una batteria acustica.

Chris Clark sale sul palco senza troppi complimenti, accompagnato da un batterista che l'accompagnerà per tutto l'inizio e per la chiusura del set, ed inizia immediatamente la sua performance. Devo ammettere che non ci aspettavamo la sua apertura di serata, ma c'è voluto veramente poco per entrare in sintonia con i suoni creati da questo producer inglese. I due musicisti sul palco si guardano un istante e si parte subito con il drumming potente della batteria. E' molto elegante il modo in cui Clark ci accompagna all'interno del suo caratteristico sound. Infatti sin dal primissimo pezzo, dalla stuttura molto rigida che ruota attorno a due arpeggi campionati di chitarra e dall'andamento sincopatico della ritmica, il pezzo piano piano si decostruisce, con i synth che entrano e si fanno piano piano sempre più acidi, instabili e mutevoli, con pause e riprese, silenzi e dilatazioni in un gioco ritmico in cui i vari elementi sembrano rincorrersi e sfuggirsi. E' un attimo farsi rapire. Il set continua con Herr Bar, la traccia di apertura del suo ultimissimo lavoro Body Riddle, ed eccolo ad allargare ulteriormente il "vocabolario musicale" che utilizzerà durante la serata. I suoni cristallini del synth ed i tappeti rumoristici di sottofondo richiamano alcune riminiscenze da ambient "cosmico" ma al tempo stesso l'andamento caldo e cadenzato della melodia dona al tutto una sorta di dolcezza contemplativa nella quale perdersi e farsi disorientare mentre il ritmo procede impazzito tra contrazioni e ripiegamenti su stessi. E' questa attitudine alla mutevolezza che questa stella della Warp Record ci mostrerà per tutta la durata del set. In più momenti ci sorprenderemo ad accorgerci dei cambio radicali di stile con cui gioca, senza però riuscire a ricordarci esattamente come sia avvenuto a causa della sua capacità camaleontica. Clark dimostrerà di volta in volta di essere a suo agio sia con le sonorità più ambient e riflessive che con quelle più serrate e ballereccie (per quanto il pubblico, completamente ipnotizzato, è sempre rimasto seduto alla "deriva") in cui ci fa intendere di non disdegnare affatto la cassa in quattro e sonorità che strizzano l'occhio alla house, che però reinterpreta con il suo personalissimo gusto.
Il momento di massima intensità probabilmente è stato raggiunto, come giusto che sia, a fine set con Herzog, uno delle composizioni più interessanti del suo ultimo disco. Il pezzo inizia come una nebulosa di suoni disorganizzati, in cui il main synth gira ipnotico attorno alle prima note del tema zoppo della conclusione, mentre tutto attorno il resto dei suoni crea una tensione crescente e mutevole, che si accumula mentre i primi bagliori iniziano ad esplodere tutto attorno fino a quando gli elementi si ricompongono nella loro interezza e armonicità, fino nella deflegrazione finale e nella lunga suite che ci porta, scomposti, a muoverci senza una direzione precisa. E' forse per questo che seppur veniamo abbandonati da lui solo dopo un altro, ultimo pezzo, non possiamo che essere riconoscenti per essere stati presenti.

Dopo il saluto di Clark sale sul palco Kalabrese e la Rumpelorchestra, che chiuderanno la serata. Il loro live era molto più incentrato su sonorità molto ballabili, ed è per questo che sin da subito hanno incitato il riluttante pubblico, ancora assorto, ad alzarsi in piedi e ballare. Il set si sviluppa in maniera onesta, proponendoci la loro house suonata, tra trombone, batteria, synth e voce, e le basi elettroniche minimali. Forse l'accostamento con Clark è stato un po' stridente (non tanto a livello ritmico, ma in quanto a complessità ed eleganza compositiva e soprattutto perchè non avremmo disdegnato qualche altro minuto in compagnia del primo artista), ma a conti fatti è stata una performance onesta e divertente.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e