sabato 16 giugno 2007

Massimo Volume - Lungo i bordi


Non è un caso che io abbia riscoperto questo disco proprio in questo periodo. Sono passati dodici anni da quando Lungo i Bordi fu pubblicato. Allora passavo uno dei momenti più difficili della mia vita, mio fratello se ne era appena andato di casa ed io vivevo quello che vedevo come un abbandono con dolore e delusione. Ma quando guardavo, tutto attorno a me sembrava vivere lo stesso periodo. Io e le persone che avevo vicino vagavamo come fantasmi.

Bologna in quegli anni non deve essere stato un luogo migliore. Questi quattro musicisti ce lo fanno capire bene. Francesco Nunziata scrive, "[...]Emidio Clementi (voce e basso), Egle Sommacal (uno dei migliori chitarristi italiani dell'ultimo decennio), Vittoria Burattini (batteria) e Gabriele Ceci (chitarra) registrano questo capolavoro del rock italiano in una fase molto particolare della loro vita: soldi, pochi; angoscia, imperante; sogni; pure troppi…".

Ed è per questo che Lungo i bordi è un disco che fa male. C'è questa strana atmosfera che permea tutte le dodici tracce di questo lp, questa agoscia appunto, priva di solitudine me che non ti lascia scampo, che non si conclude, non si risolve, ma ti accompagna ogni qual volta ti fermi a guardare.

Sei là ad osservare il mondo attorno a te privo di senso, in un luogo che non hai scelto, e lei esplode dentro di te. Nei ricordi di quando da ragazzo ascolti un disco ballando nella tua isteria. Nei momenti di attesa, come quelli passati ad aspettare in una pizzeria, mentre fuori un mondo incomprensibile e distante scorre non curante. Guardando il traffico di notte appoggiato ad una finestra. Nei sogni quando gli amici vittime mutilate di una esplosione ti guardano con lo sguardo accusatorio solo per essergli sopravvissuto. E' un'agoscia che nasce dal corpo, privato da qualsiasi contatto che non sia strettamente necessario. Incapace di qualsiasi contatto che non sia strettamento necessario. "E' solo la precisa coscienza della tua mano chiusa a pugno che cerca disperatamente di fermare qualcosa che sta accadendo nel tuo corpo".

Musicalmente è incredibile quello che hanno creato. La loro musica, questo post-rock crepuscolare ed intimo, ha quella capacità di andare a toccare le cicatrici più esposte e non si limita ad ipnotizzarti come gran parte delle produzioni attuali. Si agita inquieta e umorale sotto la voce di Emidio. Ma la sua voce non canta, non può. E' un parlato a malapena controllato, come se da un momento all'altro potesse esplodere in un urlo o in un silenzio di rabbia. Spesso si ferma o ripete incessamente la stessa frase (Leo è questo che siamo? Leo è questo che siamo? Leo è questo che siamo?). Aumenta di intensità e si spegne. Passa da una cruda freddezza ad un coinvolgimento estenuante. Spesso è una rasoiata in piena faccia. E non riesci a non ascoltarla.

"Mi sento come il soffitto di una chiesa bombardata".

3 commenti:

GiampaoloM ha detto...

disco epocale, anche io mi ci sono imbattuto ormai due annetti fa, e dopo i primi secondi di "il tempo scorre lungo i bordi" è stato amore al primo ascolto...

poi in un momento difficile, l'anno scorso, è ritornato prepotentemente tra i miei ascolti, i suoi testi cupi, i suoni profondi sono stati catalizzatrici della mia tristezza. li mi sono innamorato di alcune loro canzoni, come "dopo che" del loro ultimo album (sicuramente il meno bello) ma il testo di quella canzone è stato un mantra per me...

"Avuto conferma di vento a favore, tolgo gli ormeggi..."

e poi "il primo dio", "meglio di uno specchio", "stagioni", "qualcosa sulla vita"...

un gruppo che ti ruba l'anima.

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

Anonimo ha detto...

good start