venerdì 20 luglio 2007

Sat - Asat Ensamble


Non c'è niente da fare, la sorte in combutta con la mia pessima dentatura ha deciso di essere crudeli con me, ed eccomi qua alle prese con un ritorno di fiamma. Un ritorno di fiamma a base di faccia gonfia e cristoni tirati ritmicamente.

Che c'entra questo con la Sat - Asat Ensamble?
Assolutamente niente, o meglio, tutto.

Il gruppo è composto da 5 polistrumentisti che viaggiano sul sottilissimo filo di rasoio che separa il free jazz dall'improvvisazione radicale. Gli strumenti nelle loro mani non si limitano solamente a reinventare e mutare momenti melodici e ritmici, ma diventano anch'essi mutevoli. Prendiamo la chitarra ad esempio. Viene arpeggiata, pennata, graffiata, percossa, strusciata. Applicate questo anche al resto e vi farete una idea. Qua non si improvvisa solo quello che si suona, ma anche come lo si suona, con questo reinventare di volta in volta il ruolo di ogni strumento, ed il risultato vi assicuro, complice il fatto che a farlo sono degli ottimi musicisti, è davvero ottimo.

Devo ammettere di non essere un grande esperto del genere, che per me è sempre stato dominio di persone con una conoscenza molto più intima della musica. Ma la paura di rimanere senza punti di riferimento e perdermi in questi caleidoscopici pezzi, fortunatamente era infondata. Per quanto mutevole, infatti, c'è qualcosa che non ti fa mai sentire spaesato nell'ascolto della musica di questo quintetto. Ascoltando i pezzi sul loro mais peis ci si accorge subito che la loro produzione è densa, profonda, sporca a volte, e parallelamente al jazz emerge quell'irriquietezza tipica dell'hardcore, che in qualche modo ha molto in comune con la loro attitudine. I è in qualche modo una specie di loro dichiarazione di intenti: un magma di suoni che si tramuta e si reinventa, come per introdurre i momenti successivi. II invece parte con un parte con un doppio vivaldi/morricone che cambia fino a toccare fughe simil barocche e ancora una tribù inferocita per chiudere con una festosità quasi zigana. III è giocato sui vuoti e le trasformazioni e IIII che, come ci spiega Alessandro (trattenete il respiro perchè il periodo è lungo), è stato battezzato "Il treno dei desideri", per il suo rappresentare in qualche modo il perfetto schema dei processi mentali che può attraversare il protagonista della famosa canzone di Celentano nel punto in cui si accorge che non puo' prendere il treno e andare da lei perche' "il treno dei desideri nei suoi pensieri all'incontrario va". E diamine sarà anche fuori di testa come chiave di lettura, ammettiamolo, ma ce sta tutta!

Avrete solo da guadagnarci a dedicare il vostro tempo a questi 4 pezzi (o in questi 5 pazzi), e potrete così aggregarvi al sottoscritto nell'attesa di poter riuscire ad ascoltarli anche dal vivo. Io intanto riprendo a confidare nel collasso nervoso.

Il loro MySpace

Nessun commento: