giovedì 21 giugno 2007

Umberto Palazzo e il Santo Niente - La vita è facile

In questo periodo sto riascoltando tanta musica degli anni '90. Periodo in cui ormai liberato dei vari blocchi e costrizioni dati dall'essere un ragazzino di provincia, ho iniziato ad ascoltare in maniera un po' più attenta i suoni che avevo attorno. La mia formazione musicale in qualche modo è stata segnata da quel periodo. Dalle etichette storiche come BlackOut, i Dischi del Mulo ed il Consorzio Produttori Indipendenti. Dalle mitiche raccolte Lègalisation, Maciste contro Tutti, dalla colonna sonora di Tutti giù per terra e più tardi da quella di Jack Frusciante è uscito dal gruppo. E dai gruppi come i Cccp/CSI, Ustmamò, Disciplinatha, dagli emergenti Marlene Kuntz, Ottavo Padiglione, Modena City Ramblers (quelli con Albertone) e compagnia bella.

Tra questi c'erano i Santo Niente, il gruppo di Umberto Palazzo, uno dei membri della primissima formazione dei Massimo Volume. Anche lui studente fuori sede in quella Bologna che pareva essere diventata, in quegli anni, il vero centro nervoso e culturale d'Italia. E delle sue angoscie.

(Massimo Volume... Angoscie... Umberto Palazzo... Santo Niente... Elementi che ritornano... legami che solo ora intuisco...forse)

La vita è facile è il primo disco dei Santo Niente, uscito nel 1995, stesso anno di Lungo i Bordi, di cui rappresenta - lo anticipo da subito - l'altra faccia di una stessa moneta. Si perchè non si può capire veramente quest'album se non mettendolo in relazione con il capolavoro dei Massimo Volume. All'interno del medesimo mondo musicale, delle medesime attitudini e contesti La vita è facile è l'esatto complemento, l'antitesi, l'opposto. Se Lungo i Bordi è un disco implosivo, con tensioni che non si risolvono, La vita è facile è esplosivo e catartico. Se uno riflette e contempla le inquietudini di una vita, quasi per esorcizzarle, l'altro è viscerale, violento, crudo, minimalista. Entrambi sono generati dalla capacità e dalla maledizione dell'osservazione. Ma se il primo guarda la propria immagine riflessa nelle vetrine e dalle luci della città, l'altro guarda verso gli altri, in maniera feroce e spietata. Umberto Palazzo sembra dirci, contrapponendosi al suo vecchio gruppo. che lo stomaco prende il sopravvento sulla testa quando entrano veramente in gioco gli altri.

Intorno a questo ultimo elemento prende il via il disco. Dalla rabbia che si prova quando si vede qualcuno di importante fuggire via, scappare, correre. E' questa donna, questa "cuore di puttana", la figura che ci accompagnerà per tutto il disco. La figura che all'inizio scappa e a cui ci si rivolge in maniera pateticamente ferita(Cuore di puttana e La vita è facile), fino a quando poi si riesce a prendere consapevolezza. Prima in maniera passiva ed apatica (Non mi dici nulla), poi rendendosi conto che il "re è nudo": "Elvira guarda! La grande oscurità che ti fa urlare, che ti fa mordere, dorme nella mia testa" (Elvira). E poi nel disco si aprono finalmente gli occhi in tutto il loro disincanto. Entrano in scena altre figure. Arriva il Pappone, con il suo coltello e tutte le sue donne (tra cui, guarda caso, ancora Lei). Poi l'Aborigeno che non è visto con quel romanticismo esotico, ma con il distacco metropolitano che lo paragona nient'altro che ad un barbone fortunato. Ed i pezzi si susseguono rafforzando questa consapevolezza fino al finale del disco.

In Storia breve, si rilegge il riff di Cuore di puttana creando una base ossessiva per il parlato di Umberto che si fa gioco di questa forma usata dal suo vecchio amico di Belluno. Non c'è coinvolgimento mentre racconta la storia di Alessia. C'è solo un cinico e compiaciuto distacco mentre osserva questa donna (tornano in mente le parole di Andarsene Via "Hai sempre sostenuto una sola soluzione: andarsene via.") che non può più scappare e si ritrova impotente davanti allo stesso male che ha generato. Cazzo che soddisfazione.
E poi arriva finalmente la Fata Morfina, a portarci "la leggerezza del cuore...", e a liberarci.

E' un disco davvero risentito, e Dio sà quanto lo stia amando.

Tracklist:
  • Cuore di Puttana (hardcore)
  • la Vita è Facile
  • Tu Non Mi Dai Nulla
  • Elvira
  • Il Pappone
  • L'Aborigeno
  • Andarsene Via
  • Finalmente Sterile
  • Cuore di Puttana (softcore)
  • Immondizia dal giappone
  • Storia Breve
  • Fata Morfina

ps. Se dopo questa recensione qualcuno avesse ancora voglia di ascoltare e rimediare questo disco, gli consiglio di crearsi una playlist in cui alterna le rispettive tracce dei due album (guarda un po', sono entrambi di 12 tracce...) partendo da il Primo dio e finendo con Fata morfina. Tutto suonerà molto diverso e i due gruppi non vi sembreranno più così distanti. Provateci.

2 commenti:

GiampaoloM ha detto...

dei santo niente avevo ascoltato solo il loro ultimo "i fiori dell'agave" che non mi era dispiaciuto (ma neanche mi aveva entusiasmato) sapevo che un loro membro veniva dai massimo volume ma mi era completamente sfuggita la contemporaneità dei loro lavori!!! corro subito a scar... emmmm... procurarmi l'album e grazie ancora per la dritta!!!!

Tora ha detto...

Allora scar...emmmm... procurati anche 'Sei na ru mo'no wa na'i, il loro secondo lavoro, dove c'è "divora" che è uno dei loro pezzi più importanti di sempre (a livello di "retrattile" dei marlene kuntz che hanno suonato per una vita).