giovedì 17 aprile 2008

Mostra Fotografica - Venerdì 25 Aprile - Tuma'sbookbar

Venerdì 25 Aprile - Tuma's Bar - Roma

Il posto è molto carino e si presta molto alle chiacchierate comode e al sorseggio di birra e cocktail. L'allestimento dovrebbe essere interessante. Fabio espone le sue foto in maniera audiovisiva attraverso un proiettore, io in maniera tradizionale. Se vi va passate anche solo a dare un'occhiata.

mercoledì 16 aprile 2008

Gravenhurst @ Circolo degli artisti


Finalmente, con l'arrivo della primavera, i sabato sera al circolo tornano ad essere quelli che conosciamo bene, con il clima tiepido ma areato che fa in modo che la gente si raduni numerosa sotto il caratteristico acquedotto. Mettiamoci poi la compagnia dei soliti amici irriducibili che riescono sempre a farsi coinvolgere all'ultimo momento per questo genere di serate, e naturalmente il concerto dei bristoliani Gravenhurst, che per quanto non sia stato memorabile si è sposato alla perfezione con questa serata.

(continua su Ondalternativa.it)

Bugo - C'è Crisi



In tempi non sospetti detestavo Bugo, in particolare il suo modo di fare naif e le sue canzoni che superavano il limite del no-sense che ero disposto a tollerare. Per non parlare della gente che lo osannava come chissàquale genio e promessa della musica cantautoriale italiana. Il tutto è stato liquidato con un "Voi state fori" e messo da parte. L'anno scorso poi, per puro caso, ho scoperto un giorno che lui stava venendo qui a Monterotondo, al centro sociale giù allo scalo. Ero di cattivo umore quel giorno e non sò perchè ma chiamai un paio di amici e proposi la cosa così senza pensare. Volevo qualcosa di leggero e a quanto pare, almeno quel pregio glielo riconoscevo.
E' inutile dire che il concerto è stato folgorante. Dopo anni che non ne sentivo parlare, vederlo in un posto piccolo ed intimo con la gente seduta per terra, con lui solo voce e chitarra o voce e piano con quel fare dimesso e sorridente (che lo farebbe stare a suo agio, penso, in ogni situazione), mi ha davvero colpito. In una sera anni di intolleranza svaniti nel nulla.

Ed oggi, mentre facevo colazione e stavo ancora sorridendo dal risveglio, girando pigramente trai canali mi becco questo nuovissimo video. E la cosa assurda è che veramente con due frasi, ed il suo tono di voce, è riuscito a racchiudere lo stato emotivo di non sò più quanta gente intorno a me. E il video anche è molto bello.

giovedì 10 aprile 2008

To kill a petty borgeoisie@Locanda atlantide Sabato 5 Aprile

Concerto praticamente a sorpresa questo, visto che non era prevista nessuna data romana fino a pochissimi giorni prima dell'esibizione. Questo ha comportato un'affluenza veramente scarsa (considerando che la metà delle persone erano là presenti tramite la mia segnalazione su last.fm) che però non ha pregiudicato affatto la qualità del concerto, che è stato intimo ma allo stesso tempo potente e viscerale. Il gruppo si presenta sul palco, sorprendentemente, con 5 elementi. Infatti a parte la bellissima Jenha Wilheim alla voce e chitarra, e a Mark McGee all'elettronica, effetti, e cori (distorti), il duo era accompagnato anche da un batterista, un violinista/chitarrista, ed un bassista/chitarrista. Dal vivo infatti il gruppo ha suonato molto più elettricamente, con una batteria decisamente più presente e le chitarre e violini che hanno reso il tutto molto più d'impatto. Il suono risultante si è così allontanato dalle atmosfere industrial/trip-hop del disco per assumere connotazioni quasi post-rock, ed il risultato è stato sbalorditivo. La voce di Jehna si è rivelata non solo completamente all'altezza delle grandi aspettative ma si è rivelata molto più ricca e sentita rispetto all'algidità del disco. E' stato stupefacente vedere uscire tutta quell'energia da una ragazza così minuta. Il gruppo presentando quasi tutto il disco si è rivelato dal vivo anche molto caldo e ricco di ringraziamenti sinceri per noi che eravamo lì presenti. Se avete letto un po' le mie aspettative e commenti sul concerto dei portishead, calcolate che quello che cercavo (e che nn ho trovato) dal gruppo di Bristol l'ho trovato sabato sera in quest'altro di Minneapolis. Con buona pace del sottoscritto.

lunedì 7 aprile 2008

Aha - Take on me

Per vie traverse che non vi sto a spiegare (diciamo però che hanno a che fare con l'ipertestualità del web) oggi ho rivisto questo video, che quando ero bambino guardavo con mia sorella sul letto dei miei genitori. Io guardavo i fumetti, lei guardava lui. Cmq a parte per la canzone che in sè aveva pure un suo perchè, questo video è stato davvero avveniristico per l'epoca. La regia è davvero bella (penso soprattutto alle parti in cui la camera ruota e si passa da disegnato al ripreso) e per quanto semplice l'idea che stracciando il foglio la realtà del fumetto si ripieghi su se stessa l'ho trovata a suo modo, geniale. Certo i capelli e l'abbigliamento erano quello che erano, ma non si può avere tutto.

sabato 5 aprile 2008

Mostra Fotografica - Domenica 13 Aprile @ Circolo degli artisti


E' gratis, siete tutti invitati e l'aperitivo, da quanto ho capito, dovrebbe addirittura essere offerto (ma non ci giurerei, quindi qui lo dico e qui lo nego). Gli altri fotografi sono molto bravi mentre i Fluydo non li conosco, ma a quanto ho capito dovrebbero avere una certa "presenza" sul palco.

venerdì 4 aprile 2008

Portishead - Live in Firenze 2008 - Parte 1 e 2


Parlare di questo concerto non mi è venuto affatto di getto. Ho dovuto mantegare un po' le sensazioni che mi portavo appresso per capire cos'è che proprio non m'è piaciuto.

Intanto, come è caratteristico di questo periodo, è stato abbastanza influente partire con persone con cui non ho costruito assieme nessun tipo di fremente attesa.
(Bella Manuel, ce l'hai ancora quel biglietto in più di cui mi avevi parlato? Sandro alla fine ha deciso di venire e a sto punto possiamo partire tutti assieme)
Sinceramente m'ha fatto strano, ma ormai mi sto abituando a vedere i rapporti con tutti i miei amici dilatarsi, fino a diventare coincidenziali.

Il viaggio passa ma meno veloce di come ci eravamo augurati, e una volta arrivati a Firenze dobbiamo correre per cercare di recuperare un posto per dormire, sistemarvicisi e riuscire.

(non sapevo da dove iniziare, vabbè)

Dicevo, sono passati 10 anni.

Arrivamo a piedi davanti al Saschall dopo aver percorso il Lungarno e ci dividiamo tra chi (io) è andato a ritirare i biglietti comprati su internet e chi (tutti gli altri) si è fermato a mangiare dal paninaro "zozzone" locale (a Firenze li chiamano "i luridi" ma a discapito del nome qua sono più raffinati dei nostri capitolini). Dopo aver riflettuto per circa 20 minuti sul paradosso che c'era meno fila per acquistare i biglietti (a quanto pare ce n'erano ancora in vendita riservati dal teatro) che per ritirarli mi aggrego agli altri, bevo una Ceres (che non toccavo veramente da anni) ed entriamo.

All'interno il Sashall si rivela più accogliente e spazioso di quello che appariva da fuori.
Non passa poi molto dallo spegnimento delle luci e dall'apparizione di un'immensa P sugli schermi dei videoproiettori (a quanto pare ci siamo persi il gruppo spalla, poco male). Salgono sul palco i musicisti e parte immediatamente la base di Silence (la track di apertura di Third), con Beth che dà le spalle al pubblico (neanche fosse Maynard) fino a quando non si gira e si aggrappa al microfono iniziando a cantare. In tutto questo io sono pronto ad un cazzotto allo stomaco che non arriva.

Sarà la gente intorno che continua a parlare, saranno il suono chiaro, limpido, cristallino ma che non pompa, saranno tutte quelle luci colorate. Mi butto in mezzo alla gente per vedere se riesco a capirci qualcosa. Intanto i pezzi si susseguono, con una scaletta che sembrava quella del live a NY con i classici che conosciamo tutti alla perfezione (come alla perfezione vengono suonati) e alternati da una discreta quantità di pezzi nuovi. Io intanto rimango là, cercando con tutte le forze di non rimanere insensibile. Anche al centro della sala la gente parlottava (curiosa la scena di due ragazze che su un pezzo parlano per tutto il tempo e si interrompono solo per applaudire alla chiusura del pezzo) mentre io notavo il fatto che era passata già mezzora e Beth non si era ancora accesa una sigaretta, oppure che il chitarrista era ingrassato ed aveva quel sorriso da padre di famiglia stampato in faccia. Gli altri riesco a notarli a malapena. Le proiezioni dietro di erano molto ben fatte, con sovrapposizioni montate in tempo reale di una moltitudine di telecamere posizionate sul palco e puntate sui musicisti e a loro volta combinate ad immagini tratte dai video ed altro probabilmente. La posa di Beth aggrappata a quel microfono si ripete in continuazione (svuotandosi di significato, ai mie occhi, sempre di più). Posso notare il suo viso addolcito da una presunta maternità (no, non mi va di googlare per avere conferma di sta voce giuntami). Mi fermo sulla sua immagine, su il gesto di lei che fa "ma va là" dopo i numerosi applausi che la ricoprono alla fine di ogni pezzo.
Sono passati 10 anni. Sono passati 10 anni. E forse capisco.
Non mi ci riconosco più, o meglio, non riesco a riconoscere in questa situazione quelle sensazioni che provavo mentre li ho ascoltati innumerevoli volte su quel live. Quella sfumatura di irrequietezza, di instabilità, della sensazione che tutto ti sfugge di mano e non hai niente dove aggrapparti. Quella condizione per cui una voce, una musica esprime questo stato e malgrado tutto questo riesce pure a farti sentire meglio. Ci esorcizzavi i tuoi mali oppure semplicemente ti ci crogiolavi. Mi accorgo che ero venuto a Firenze per (ri)trovare questo ma ho trovato altro (ovviamente). Un gruppo storico, rodato, perfetto, con una cantante dalla voce meravigliosa che propone i pezzi più amati dal pubblico.
E basta.
Non c'è praticamente mai un momento di digressione in cui il gruppo si lascia andare. Non c'è sorpresa. C'è solo una grande contentezza di essere tornati, quando forse io mi accorgo per la prima volta che se ne sono andati veramente solo ora. E' tutto esattamente come ci si aspetterebbe. Cowboys, Only You, Glory Box. Questi pezzi non mi erano mai sembrati così uguali fino d'ora. Riuscivo sempre a sentirci quella sfumatura, fondamentale, di differenza.
Mi sono guardato attorno tra le facce catatoniche e ipnotizzate della gente, invidiandoli, mentre mi ritornava alla mente l'ultima volta che ho provato la stessa cosa (per inciso: al concerto dei Depeche Mode di Roma del 2006). Il concerto finisce con We Carry On (o se c'è stato un pezzo dopo, l'ho rimosso), il mio pezzo preferito in assoluto di Third. Ironia della sorte.

Sono passati 10 anni ed io continuo ad essere un ingenuo.

(foto di Smeerch)

martedì 1 aprile 2008

Roland Barthes - La camera chiara


E qui cominciava a profilarsi la questione essenziale: la riconoscevo io veramente?
Secondo le foto, in certune riconoscevo una regione del suo volto, il tale rapporto del naso con la fronte, il movimento delle sue braccia, delle sue mani. Io la riconoscevo sempre solo a pezzi, vale a dire che il suo essere mi sfuggiva e che, quindi, lei mi sfuggeva interamente. Non era lei, e tuttavia non era nessun altro. L'avrei riconosciuta fra migliaglia di altre donne, e tuttavia non la "ritrovavo". La riconoscevo defferenzialmente, non essenzialmente. La fotografia mi costringeva a un lavoro doloroso; proteso verso l'essenza della sua identità, mi dibattevo fra immagini parzialmente vere, e perciò totalmente false. Dire, davanti alla tal foto, "è quasi lei!" era per me più straziante che non dire davanti alla talaltra "non è affatto lei". Il quasi: atroce regime dell'amore, ma anche condizione deludente del sogno - è per questo che odio i sogni. Infatti, io sogno spesso di lei (anzi, sogno solo lei), ma non è mai completamente lei: nel sogno, essa ha tavolta qualcosa d'in po' fuori posto, di eccessivo: per esempio, è giocosa, o disinvolta - cosa che invece non era mai; oppure io so che è lei, ma non vedo i suoi lineamenti (ma mi chiedo: si vede o si sa, in sogno?): sogno di lei, non la sogno. E davanti alla foto, come nel sogno, è il medesimo sforzo, la stessa fatica di Sisifo: risalire, proteso, verso l'essenza, ridiscendere senza averla contemplata, e ricominciare da capo.

(
tratto da La camera chiara, Roland Barthes, 1980)